giovedì 18 giugno 2009


Quesiti 1 e 2: se vincono i Sì, scompariranno le coalizioni di partiti e si eviterà che questi si uniscano il giorno delle elezioni e si dividano subito dopo imponendo veti, mediazioni e verifiche continue a maggioranza e governo. Si realizzerà anche in Italia il bipartitismo, così come negli Usa, in Inghilterra, in Francia e in Spagna. Senza coalizioni, la soglia di accesso a Camera (4%) e Senato (8%) diventerà uguale per tutti e il premio di maggioranza non potrà più andare alla coalizione ma solo alla lista che avrà ottenuto più voti.
Quesito 3: se vincono i Sì, sarà vietato candidarsi in più di un collegio e scomparirà la pratica abusata di presentare ovunque candidati “ acchiappa-voti” (normalmente i leader di partito). In questo modo sarà colpita la nomina dei parlamentari da parte delle segreterie di partito, che decidono chi deve andare al Parlamento sia prima delle elezioni che all'indomani del voto
Gli italiani, già nel 1993, hanno fatto sentire la loro voce con il loro voto al Referendum, chiedendo alla politica di cambiare. Possiamo farlo ancora. Domenica 21 e lunedì 22 giugno il potere torna ai cittadini. Possiamo votare per cambiare la legge porcata, per riprendere il controllo su una politica che non ascolta la voce degli cittadini, che non da’ risposte ai loro problemi, che non rende conto a nessuno, se non a se stessa. Questo referendum non riguarda il mondo politico. Non riguarda giochi di potere, accordi di palazzo, o scontro tra schieramenti politici. Questo referendum riguarda i cittadini. Perché le regole elettorali sono quelle che aumentano o diminuiscono il potere che i cittadini hanno sulla politica, sul Parlamento, su chi governa. Le regole elettorali sono lo strumento fondamentale della democrazia. Se non funzionano le regole elettorali, non funziona la democrazia.Per questo, noi del Partito Democratico a quella legge porcata ci siamo opposti. Abbiamo fatto tutto ciò che abbiamo potuto, dopo la sua approvazione, per cambiarla. A loro va bene nominare i parlamentari, perché così avranno un Parlamento più obbediente, che continuerà a rispondere al capo e non ai cittadini. Al contrario, noi pensiamo che chi si candida debba stringere un patto di fiducia e di trasparenza con gli elettori. Pensiamo che chi viene eletto debba onorare gli impegni presi e rendere conto ai cittadini.La destra dichiara che cambierà la legge porcata in Parlamento. Non l'hanno fatto in quest'anno di governo, e non lo faranno nei prossimi anni. A meno che tu, con il tuo si al referendum, non li costringa a farlo.

mercoledì 17 giugno 2009

California a un passo dal crac

15 giugno 2009

California a un passo dal cracLa forbice di Schwarzy sul welfare
«Non porto lo Stato alla rovina, è ora di mostrare cosa accadrà»
Dal nostro inviato Massimo Gaggi
NEW YORK - Un taglio sostanziale dell'assistenza ai poveri, agli anziani e ai disabili. Niente cure mediche per i bimbi senza assicurazione sanitaria. Meno fondi a una scuola pubblica già deficitaria. Via le borse di studio per gli studenti meritevoli. Via i «ranger» dai parchi dello Stato che diventeranno luoghi selvaggi. L'attore diventato governatore della California per anni si è portata dietro l'immagine del suo personaggio cine­matografico più popolare: Terminator. Ora Arnold Schwarzenegger ha deciso di interpretarlo sul set della politica spingendo i parlamentari locali a vota­re un sostanziale smantellamento del­lo Stato sociale. L'ultimo tentativo di far fronte al crollo delle entrate fiscali causato dalla recessione, dopo che gli elettori hanno bocciato la soluzione (un mix di tagli e aumenti di tributi) varata dal suo governo. «La nuova rotta - protestano le orga­nizzazioni dei disabili, - è quella del darwinismo sociale: sopravvivenza ga­rantita solo a chi è in buona salute».
Schwarzy è impazzito? Forse no, c'è del genio nella sua follia. E i progressi­sti di tutto il mondo faranno bene a te­nere d'occhio quello che accade in Cali­fornia, il posto dove «il futuro succede prima». Non sapendo più come mantenere in piedi una costosa rete di protezione sociale con le entrate fiscali che conti­nuano ad assottigliarsi e col termine per il riequilibrio del bilancio (fine lu­glio) che si avvicina, il governatore vuole far scoppiare le contraddizioni politiche. Ma vuole anche costringere i cittadini a toccare con mano le conse­guenze del loro voto. La prima bufera è scoppiata a sinistra: i sindacati, che in California sono molto più forti che nel resto degli Usa e sono decisivi per l'ele­zione dei parlamentari democratici, hanno chiesto ai loro rappresentanti di colmare il gigantesco deficit dello Sta­to con un aumento di 44 miliardi di dol­lari delle tasse sui ricchi, sul tabacco e sulle compagnie petrolifere.
L'Assemblea di Sacramento (a mag­gioranza democratica) non ha, però, al­cuna intenzione di adottare questa ri­cetta. «Con un'economia in terapia in­tensiva, altre tasse provocherebbero nel paziente un arresto cardiaco»: lo di­ce il leader dei repubblicani, Sam Blake­slee, ma lo pensano anche molti demo­cratici. Perfino quelli della sinistra radi­cale hanno spiegato ai leader delle «union» che non si può fare finta di nulla quando gli elettori bocciano i re­ferendum sugli aumenti delle tasse, compresi quelli sponsorizzati dai sinda­cati degli insegnanti e della polizia, i più influenti dello Stato. Insomma, anche la sinistra comincia a rassegnarsi all'idea che un ridimen­sionamento delle reti di protezione so­ciale sia inevitabile. Cerca, però, di limi­tarlo al minimo con vari espedienti, compreso il ricorso a nuovi debiti. Ma la California è già indebitatissima e, senza la garanzia federale, i nuovi pre­stiti arriverebbero con tassi d'interesse molto alti.
Così Schwarzenegger punta i piedi: «Non porto la California alla rovina: è ora di tagliare davvero le spese e mo­strare ai cittadini (che chiedono meno Stato) cosa succede quando si chiude bottega». La sua mossa crea scompi­glio tra i democratici, ma dovrebbe far venire i brividi anche ai progressisti eu­ropei, alle prese con problemi di finan­ziamento del «welfare» meno gravi ma non radicalmente diversi. La resa dei conti, però, potrebbe non avvenire solo a sinistra. Terminator è un animale politico anomalo: un repub­blicano cresciuto nel fronte reaganiano antitasse che si è poi alleato coi demo­cratici e ha rilanciato una serie di pro­grammi di intervento pubblico, ben di­versi dallo «Stato minimo» della destra conservatrice. Oggi, con la sua «follia», fa emergere un altro paradosso: i depu­tati repubblicani che chiedono meno tasse, meno Stato, meno assistenza, so­no eletti soprattutto in quella Central Valley agricola, molto più povera delle metropoli della costa, che assorbe assi­stenza pubblica in misura superiore a Los Angeles e San Francisco. Può darsi che, messi davanti alle conseguenze so­ciali del loro voto «antitasse», anche gli smantellatori del «welfare» venga­no assaliti dai dubbi.
Schwarzenegger è un improvvisato­re. È ruvido e spregiudicato. Magari al­la fine accetterà un compromesso su ta­gli meno traumatici, ricorrerà al credi­to o avrà un aiuto da Washington. Ma oggi con la sua durezza sta imponendo una feroce «operazione verità» all'inte­ro sistema politico californiano e ai suoi cittadini. Per la prima volta arriva al pettine il nodo - da molto tempo evocato - dell'impossibilità di sostenere un «wel­fare » generoso se l'economia non cre­sce non per difficoltà momentanee, ma per una crisi strutturale. Oggi succede sulle coste del Pacifico, domani potreb­be accadere su quelle del Mediterra­neo.

giovedì 4 giugno 2009

SEMPLICEMENTE EUROPEA
SCEGLI UNA PROVINCIA EUROPEA

Venerdì 5 giugno 2009 ore 18.45
Loggia Comunale - Piazza del Popolo
(San Vito al Tagliamento)

Daniele GIACOMEL
Candidato alla Provincia
collegio di San Vito al Tagliamento

Giorgio ZANIN
Candidato PRESIDENTE alla Provincia di Pordenone
Debora SERRACCHIANI
Candidata al Parlamento Europeo