sabato 28 febbraio 2009

La nuova generazione Pd alza la voce Ora basta, non facciamo più la fila

ROMA - «Una nuova generazione è già in campo. Ha ruoli, funzioni, incarichi importanti, si prende le sue responsabilità ogni giorno. Sono sicuro che nei prossimi mesi farà il salto di qualità». Il segretario regionale lombardo Maurizio Martina ha solo 30 anni e guida il Pd in una regione di frontiera, dove il centrodestra governa quasi ovunque. Ha ragione. In questo Partito democratico sconquassato, il ricambio non è una chimera, sta lì a portata di mano, basta volerlo vedere e aiutarlo a crescere. «Purtroppo i nostri leader di rinnovamento parlano molto ma lo praticano poco», denuncia Valentino Valentini, 37 anni, sindaco di Montefalco (Umbria) da 10, presidente delle Città del vino, un gruppo di 506 comuni che copre dalla Val d' Aosta alla Sicilia e sostiene un business milionario e di qualità in tutto il mondo. Insomma, Matteo Renzi, il trionfatore delle primarie di Firenze, la faccia nuova della politica democratica, è solo la punta di un iceberg. Ma allora perché già domani, in una situazione di crisi che è anche di opportunità, rivivremo la stagione degli accordi blindati e unanimistici dei big, con la probabile elezione di Franceschini? Perché non è già pronto un nome a sorpresa tra questi amministratori, dirigenti di breve corso, facce e storie nuove per la scalata al vertice del partito? Dice Renzi, che si è ritagliato anche grazie alla fortunata coincidenza temporale vittoria alle primarie-dimissioni di Veltroni, il ruolo di portabandiera della generazione della svolta, la generazione U secondo la definizione di Mario Adinolfi: «Sa cosa mi ha detto un assessore l' altro giorno? «Ciccio, rispetta la fila». Come se la politica fosse un supermercato dove si prende il numeretto. Eh no, noi non rispettiamo la fila, qui non c' è nessuna coda da rispettare. E lo dico anche alle tante bravissime nuove leve del Pd: cari miei, finora è stato molto più comodo anche per noi aspettare che qualcuno ci coopti, che arrivi il nostro turno. Beh, tirate fuori gli attributi, non attendete più la chiamata». Parla di sé, ovviamente, il 34enne presidente della provincia fiorentina. Lui ha fatto così, ha giocato di contropiede, ha vinto la sua partita. «Di cui mi occupo notte e giorno, io gioco a Firenze e non metto bocca nelle questioni del partito nazionale. Però dico che il momento è adesso, non bisogna lasciarselo sfuggire». Non basterebbe una pagina intera per elencare dirigenti misconosciuti e amministratori di realtà locali grandi e piccole che sembrano farsi valere quotidianamente lavorando pancia a terra per il Pd. Qui se ne dimenticherà qualcuno, ma i nomi sono tanti. Allora che aspettano? «Che il Pd assuma una struttura più stabile, più definita. Che sia costruito in maniera completa. Altrimenti rischiamo di bruciarla questa generazione invece di promuoverla». Giovani sì, ma fessi no sembra la filosofia ispiratrice di Piero Lacorazza, 31 anni, segretario del Pd in Basilicata che ha il merito di rappresentare il ricambio nel Sud, dove il Pd soffre maggiormente. Chi sbaglia paga e i cocci sono suoi, adesso tocca al vecchio gruppo dirigente rattoppare il partito. Ma non sarà anche mancanza di coraggio? Certo, il Paese funziona così, il ricambio è lento, una moviola, in tutti i rami della società. Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd, 34 anni, racconta che l' altro ieri lo hanno preso in giro, nella riunione della direzione lombarda, perché il suo nome compare nel sondaggio dell' Espresso sui leader del futuro. Non sarai troppo ragazzino, gli hanno chiesto. Come se fosse una boutade, «daje a ride», commenta in romanesco Civati. Per Salvatore Caronna, segretario emiliano del Pd, 44 anni, siamo alle solite, al dibattito superficiale: «Il cambiamento è qualcosa di più complesso e più faticoso del tutti a casa. Chi ha voglia e idee si faccia avanti, ma il problema non è solo generazionale». Sarà anche vero, ma Valentini guarda con un certo timore al prossimo congresso del Pd in autunno: «Se si presentano Franceschini, Bersani, Finocchiaro e basta sarà un congresso povero, non utile al partito». Del resto basterebbe leggere la lista del gruppo dirigente del Pds, anno domini 1991. Una fotografia terribile delle difficoltà del centrosinistra a uscire dal guado: spuntano tantissimi nomi che troviamo ancora oggi baldanzosamente nei talk show, nelle interviste sui giornali, oppure giovanilisticamente in rete su Facebook, ma comunque sempre là. Come se 17 anni fossero passati invano. In parte anche dal centro, da Roma, Ds, Margherita e Pd hanno saputo cambiare qualcosa. Giovani deputati come Andrea Orlando, Andrea Martella, Alessandro Maran hanno conquistato spazio nel partito grazie alle loro qualità. Donne come Sara Giannini e Maria Pia Bruscolotti hanno scalato i vertici regionali del Pd nelle Marche e in Umbria. Amministratori locali capaci di vincere battaglie difficili come Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma, potrebbero essere tra gli outsider del congresso di ottobre, come Martina, il preferito di Veltroni. Tra i cosiddetti notabili Pierluigi Bersani, che pura punta alla segreteria, sembra fra i più attenti a quello che si muove nei territori. Ha sostenuto inizialmente la crescita di alcuni giovani oggi già in pista e che potrebbe ritrovarsi tra i piedi in autunno da avversari. Gira l' Italia e segna su un taccuino i nomi di qualche giovane che lo incuriosisce, l' ex ministro dell' Industria. Recentemente, ha esagerato, neanche fosse un famelico procuratore di baby-calciatori: giura di aver scoperto addirittura un 16enne a Offida nelle Marche. Si chiama Massimo D' Angelo, guida un circolo di giovani. «Di un' intelligenza mostruosa. Mi ha colpito quando ha detto: «Voi vecchi forse non avete bisogno di simboli, ne avete consumati tanti che non ci fate più caso. Ma a noi serve qualcosa più di un nome nel logo. Serve un riferimento, una bandiera»». Comodo scegliersi un avversario minorenne... Ma, come in una favola, è divertente immaginare il volto sconosciuto di questo ragazzino accanto alla voce «un nome nuovo» che nel sondaggio di Repubblica. it sbaraglia tutti gli aspiranti leader. - GOFFREDO DE MARCHIS

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